I microsanguinamenti cerebrali sono molto diffusi nelle persone con malattia cerebrovascolare clinicamente manifesta e hanno dimostrato di aumentare il rischio di recidiva di ictus.
I microsanguinamenti sono spesso riscontrati in anziani sani, una popolazione in cui l'implicazione clinica dei microsanguinamenti è sconosciuta.
Nello studio Rotterdam, la presenza, il numero e la posizione dei microsanguinamenti sono stati valutati al basale mediante risonanza magnetica per immagini ( MRI ) del cervello su 4.759 partecipanti di età a partire da 45 anni.
I partecipanti sono stati seguiti per ictus incidente durante tutto il periodo di studio ( 2005-2013 ).
Si è cercato di determinare se le persone con microsanguinamenti avessero un aumentato rischio di ictus rispetto a quelle senza micro sanguinamenti.
La prevalenza di microsanguinamenti è stata del 18.7% ( conta mediana 1 ).
Durante un follow-up medio di 4.9 anni si sono verificati 93 ictus ( 72 ischemici, 11 emorragici e 10 non-specificati ).
La presenza di microsanguinamenti era associata a un aumento del rischio di tutti gli ictus ( hazard ratio, HR=1.93 ).
Il rischio è aumentato con il maggior numero di microsanguinamenti.
In confronto a quelli senza microemorragie, i soggetti con microemorragie in aree suggestive di angiopatia amiloide cerebrale ( lobare con o senza microsanguinamenti cerebellari ) erano ad aumentato rischio di emorragia intracerebrale ( HR=5.27 ).
I microsanguinamenti in altre zone sono stati associati ad un aumentato rischio sia di ictus ischemico sia di emorragia intracerebrale.
In conclusione, i microsanguinamenti riscontrati tramite risonanza magnetica sono associati a un aumentato rischio di ictus nella popolazione generale.
I risultati rafforzano l'idea secondo cui i microsanguinamenti segnino la progressione della patologia cerebrovascolare e rappresentino un precursore di ictus. ( Xagena2015 )
Akoudad S et al, Circulation 2015; 132: 509-516
Neuro2015