Il prolungato abbassamento della pressione sanguigna dopo un ictus riduce il rischio di recidiva. Inoltre, l’inibizione del sistema renina-angiotensina nei pazienti al alto rischio riduce la percentuale di eventi cardiovascolari successivi, tra cui l’ictus.
Tuttavia, l’effetto della riduzione della pressione con un inibitore del sistema renina-angiotensina subito dopo un ictus, non è stato chiaramente stabilito.
Ricercatori dello studio PROFESS hanno valutato l’effetto della terapia con un antagonista del recettore dell’angiotensina, Telmisartan ( Micardis ), iniziata precocemente dopo l’ictus.
Lo studio multicentrico ha coinvolto 20.332 pazienti con ictus ischemico recente; 10.146 sono stati assegnati in modo random ad assumere Telmisartan ( 80 mg/die ) e 10.186 a ricevere placebo.
L’outcome primario era la recidiva di ictus, mentre l’outcome secondario era rappresentato da eventi cardiovascolari maggiori ( morte per cause cardiovascolari, recidiva di ictus, infarto miocardico, o nuovo scompenso cardiaco o peggioramento ) e da diabete di nuova insorgenza.
L’intervallo mediano dall’evento ictale alla randomizzazione è stato di 15 giorni.
Nel corso di un periodo osservazionale medio di 2.5 anni, la pressione arteriosa media è risultata 3.8/2.0 mmHg più bassa nel gruppo Telmisartan che nel gruppo placebo.
L’8.7% dei pazienti nel gruppo Telmisartan e il 9.2% % nel gruppo placebo sono andati incontro ad un altro ictus ( hazard ratio nel gruppo Telmisartan, HR=0.95; p=0.23 ).
Eventi cardiovascolari maggiori si sono presentati nel 13.5% dei pazienti nel gruppo Telmisartan e nel 14.4% nel gruppo placebo ( HR=0.94; p=0.11 ).
Il diabete di nuova insorgenza si è presentato nell’1.7% dei pazienti nel gruppo Telmisartan e nel 2.1% nel gruppo placebo ( HR=0.82; p=0.10 ).
In conclusione, la terapia con Telmisartan, iniziata subito dopo l’ictus ischemico e continuata per 2.5 anni, non ha significativamente abbassato l’incidenza di recidiva di ictus, di eventi cardiovascolari maggiori o di diabete. ( Xagena2008 )
Yusuf S et al, N Engl J Med 2008; 359: 1225-1237
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